domenica 23 febbraio 2025

La sofferenza del padre: Edipo a Colono e una nuova paternità

La scena finale dell'Edipo re di Robert Carsen, Siracusa 2022

Nei versi finali dell'Edipo re, abbiamo lasciato Edipo prostrato dalla scoperta della sua colpa nelle sciagure della città e dalla natura incestuosa e sacrilega del suo matrimonio e della sua discendenza rivolgersi alle sue figlie per averne sostegno: il re fiero e intelligente è ora un uomo cieco e distrutto. La crisi delle strutture intellettuali che lo avevano sostenuto nella ricerca dell'omicida di Laio e della dimensione civile e poleica del suo impegno di governo erano parallele, nel finale dell'Edipo re, alla crisi dei rapporti padre-figlio e alla valorizzazione dei rapporti padre-figlia. Là il potere, l'eredità, l'ideologia; qua l'affetto, la fisicità e la dedizione.

L'Edipo a Colono inizia naturalmente con questa dimensione nuova di Edipo: vagabondo, cieco, assistito dalla figlia Antigone. Padre e figlia sono solidali nel condurre una vita senza prospettive e senza scopi, senza radici e senza futuro, un puro presente di sussistenza. Una vita nuda.

Il vagabondaggio, la peregrinazione produttrice di sofferenza sono uno dei temi dominanti del prologo: come Odisseo, Edipo è (auto)costretto a vagare: i verbi ἀλάομαι, πλανάομαι - entrambi vagare, errare - e i loro derivati sono presenti con insistenza nella scena iniziale della tragedia. La comunanza nella sofferenza crea un rapporto intimo, profondo fra Edipo e Antigone e, in seguito, Ismene; fatto di abbracci, di mani che si toccano, di tenerezza e dolcezza.


Cratere a calice siceliota, 330 a.C. ca. Attribuito al gruppo di Gibil-Gabib, probabilmente il pittore di Capodarso, Siracusa, Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi.

Il padre, in queste scene disseminate in tutta la tragedia, perde il profilo tradizionale di guida veneranda e capo della famiglia: è un uomo sofferente e bisognoso che non ha da dare niente se non l'affetto e la presenza. Un tema, questo del rapporto padre-figlia, caro ad Euripide sia nelle Fenicie che nelle Baccanti. Ma alla fine della tragedia, il rapporto si inverte: Edipo ora, guidato da Ermes e da Persefone, sa quel che deve fare: nel momento in cui sente che sta per concludersi la sua esistenza egli diventa la guida delle sue figlie e di Teseo (re del luogo in cui è capitato) verso il luogo dove morirà e dove dovrà essere sepolto. Edipo esce di scena - in senso metaforico e letterale - avendo recuperato autonomia e lucidità. La sua morte, che accade fuori scena, è raccontata da un anghelos: egli si spoglia dei suoi cenci squallidi, si fa lavare e rivestire decentemente e rivolge alle figlie le parole più belle che un padre abbia mai detto:

«Figlie mie, in questo giorno vostro padre non è più. 

Scompare ogni cosa di me, né più vi toccherà la pena di nutrirmi: 

ingrata certo, figlie mie, ma una sola parola, affetto, 

cancella ogni pena. Da nessuno avete ricevuto un affetto più intenso 

che da quest'uomo, senza il quale dovrete ormai trascorrere il resto della vita»

(traduzione di Franco Ferrari, in Sofocle. Antigone Edipo re Edipo a Colono, Milano 1987)

Non così fra Edipo e i suoi figli maschi, legati a logiche di potere. Ciò perché "mai i personaggi portanti della tragedia in Sofocle sono legati solidalmente a strutture di potere" (così Di Benedetto, Sofocle 1983, p. 226). Il mondo, per certi versi arcaico in cui i figli di Edipo si contendono il potere ed evocano i legami di sangue, tramonta nell'Edipo a Colono, tragedia complessa e ricca di elementi innovativi. Subentra un altro, che nel genos vede ormai legami di affetto e sensibilità. Anche altri elementi portanti delle strutture ideologiche tradizionali e perfino periclee vengono smontati da Sofocle nell'Edipo a Colono, oltre all'ambizione politica: la polis come contesto naturale e ineliminabile dell'agire umano, Atene come guida morale della grecità, il potere del logos... tutte costruzioni che l'esperienza della malattia, dell'emarginazione, della sofferenza incolpevole rende false e astratte. La vita è vita nuda, fuori da ogni riparo e rifugio che attutisca i colpi del destino e dei mali del mondo.

Bella è infatti non Atene, la sua Acropoli o le sue istituzioni, ma la campagna dell'Attica: Colono,  il demo di cui Sofocle era originario, e in cui giunge - senza averlo cercato, per caso - Edipo cieco accompagnato da Antigone. La scena della tragedia è all'aperto e sul fondo non vi alcun edificio scenico: una strada che va verso Atene, immaginata oltre una delle due eisodoi, i corridoi che immettevano nell'orchestra. L'orchestra in cui si muove il Coro di anziani di Colono, è uno spazio sacro a varie divinità, sul fondo un boschetto verde di alloro, ulivo e vite, sacro alle Eumenidi e inaccessibile all'uomo (Edipo vi è penetrato inconsapevolmente). Qui vi è una pietra su cui Edipo stanco siede a riposare. Diversi sono gli spazi extrascenici evocati dai personaggi: Tebe la cui malevolenza nei confronti di Edipo lo costringe e vagare senza casa, il luogo sacro in cui Edipo si recherà quando sentirà di stare morendo. Uno spazio, quello dell'Edipo a Colono, del tutto de-politicizzato: piante, fiori, animali (uccelli che cantano), rare figure umane. 

È in questo luogo che Edipo sa di dover morire, in modo irrituale, in terra straniera, ma trasfigurato per prodigio. L'anghelos racconta infatti che nel momento della morte non c'era più in Edipo traccia di malattia e di pianto e che egli scomparve alla vista. Ma l'accento non è posto da Sofocle sul carattere eroico della morte di Edipo ma su quello umano del dolore che la sua morte genera nelle figlie, sulla loro disperazione, sulla nostalgia che ora Antigone prova perfino per l'infelicità di prima, quando vagava senza meta, ma era almeno insieme al padre e poteva curarsi di lui. La morte eroica - la tomba di Edipo, sebbene sconosciuta e inaccessibile proteggerà il territorio dell'Attica - non basta. Non può accontentare e non può consolare la sofferenza delle figlie per la perdita non di un re o di un eroe, ma di un padre

1 commento:

I quattro corpi di Achille

Se l’eroe dell’Odissea è parso a molti, esegeti e semplici lettori, «eroe dai molti nomi, dalle molte fisionomie dalle molte identità, multi...