sabato 15 febbraio 2025

Il silenzio di Dio e lo scandalo di Giobbe

 Continua da Desiderio, legge e storia: come popoli e individui rinunciano a vivere per non cambiare (su La legge del desiderio di Massimo Recalcati)

Giovan Battista Langetti, Giobbe maledetto da sua moglie, collezione privata


I popoli e gli individui possono chiudersi - come Egitto e Israele sotto la minaccia dell'assimilazione a culture straniere - dentro confini mentali più solidi e impenetrabili dei confini fisici: fortificazioni, mura. La religione, la cultura perdono il loro valore di un aspetto dell'identità e diventano l'identità, in senso enfatico ed intensificato. Così Assmann.

Questo si esprime (può esprimersi) in una ricerca di adesione perfetta, totale, senza residui, alla legge. Nell'illusione securitaria che tale adesione metta al riparo da imprevisti, eventi funesti, sconfitte. Ne Gli scomparsi di Daniel Mendelsohn, un personaggio riflette angosciato che, dall'annientamento della Shoah è potuto accadere che si sia salvato chi non aveva obbedito alle leggi (parliamo di legge sempre nel senso di leggi della religione) e non si sia salvato il giusto, l'obbediente. Il desiderio ne esce oppresso, mortificato: l'uomo religioso perde il contatto con se stesso e con la gioia di realizzare il desiderio.

Ma la Legge non ha questo scopo. È la tesi di Recalcati in La legge della parola. 

Il Dio della Bibbia non è un padre tirannico e oppressivo."La Legge biblica non opera come una mera applicazione normativa di un insieme di regole, non può essere appiattita si di un registro meramente legale-formale" (p.115). Di più: la Legge di Dio non è senza legge. Essa può essere sospesa, Dio può fermare il suo braccio come nel caso del sacrificio di Isacco. 

Che cos'è allora la Legge?

Recalcati analizza vari libri dell'Antico Testamento - da Genesi a Qoelet a Giona - per cercarvi il significato primo della Legge. Essa è anzitutto - Genesi - legge di separazione, taglio della creatura e del creato dal Creatore, taglio interno alle creature: differenti fra loro e differenti da Dio, vincolate al mondo e vincolate a Dio, maschio e femmina, animale e umano, genitori e figli. La trasgressione della Legge - cioè il rifiuto del taglio e della differenza - è annullamento della creatura, pulsione di morte. "È il cuore perverso del desiderio umano: l'obbiettivo è quello di simmetrizzare il rapporto fra l'uomo e Dio - tra il figlio e il padre". La spinta a negare la separazione, ad abolire la vita separata dell'altro - come avviene nel fratricidio - è per Recalcati (con Freud) la rivelazione della dimensione strutturalmente criminogena dell'inconscio. Violenza, invidia e distruttività sono originarie, primarie e precedono la spinta alla dedizione amorosa nella relazione verso l'Altro.

Tiziano, Caino uccide Abele, olio su tela Basilica di Santa Maria della Salute, Venezia


Narcisismo, tracotanza dell'Ego, parricidio sono altrettante declinazioni di queste spinte primarie alla soppressione dell'Altro. E al godimento vano di cui parla l'Ecclesiaste (Qoelet): l'inseguimento idolatrico di ciò che all'uomo manca invece del godimento di ciò che l'uomo ha.

Tutto fila... fino a Giobbe!

Giobbe è lo scandalo dell'Antico Testamento. Infatti le Legge è in questo libro sconcertante Legge senza legge, arbitrio, indifferenza di Dio per le sofferenze dell'innocente. Assenza del padre che, invocato, non si presenta, non argomenta, non giustifica, non spiega. La domanda si sapere di Giobbe, che vuole conoscere il perché della sua sofferenza rimane inevasa: "Giobbe porta la psicoanalisi come arte delle decifrazione a riconoscere i suoi stessi limiti" (p. 209). Esiste un dolore che non è sintomo, che non ha causa, che non è segno. La sofferenza umana resta un mistero insondabile e la vita umana è vita senza tutele. Il male subito è irrelato al bene fatto: il male non è un segno, non è decifrabile né comprensibile. Non c'è dunque ingiustizia della legge: il silenzio di Dio sulla legge è la condizione di esistenza del mondo. Ciò ha il potere liberatorio di svincolarci da una visione solo retributiva della legge, per cui si farebbe il bene per ricevere la salvezza. 

Recalcati parla allora di "scissione della Legge" (il filologo parlerebbe di testi diversi composti in tempi diversi e con visioni diverse della Legge): c'è una Legge che sa sospendersi, che rifiuta ogni integralismo e ogni applicazione meccanica e "senza resto", che è Legge dell'amore e del godimento; e c'è una Legge che condanna all'attesa di essa, che si manifesta come assenza di Legge, anarchia, arbitrio e capriccio o come idolatria della Legge. 

Tuttavia, Giobbe insegna che la scissione della Legge, il limite imposto alla possibilità di decifrare (cioè di attribuire senso al male e al bene) e di conoscere non deve necessariamente aprire la strada al nichilismo disperato dell'uomo contemporaneo. Giobbe accetta di non porsi più la domanda di senso, di non rinunciare a vivere a causa del dolore, di preferire l'imperscrutabilità del mondo creato alla disumanità di una Legge che pretende il dolore umano in cambio della sua salvezza.




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