Leggere e scrivere sono attività femminili.
Uno strano stereotipo! Che tendiamo ad associare a delicate fanciulle ottocentesche, sedute ai loro piccoli scrittoi, mentre vergano caste lettere d'amore o pagine di diario o scritti brillanti su argomenti personali, o mondani. Ma che invece pare sia molto più antico. E legato alla 'fortuna' - cioè alla trasmissione e diffusione - di Saffo, la poetessa greca.
Nell’immaginario greco, e poi latino, Saffo è infatti una lettrice e una scrittrice: dalla ceramica attica del V secolo, in cui la poetessa legge i propri stessi versi attorniata da fanciulle ad Ovidio, che crea l’immagine di Saffo piangente mentre scrive lettere d’amore all'amante perduto: Faone; in mezzo, la Commedia Nuova che – per quel poco che conosciamo – ci restituisce un’immagine della poetessa impegnata in attività di ‘écriture femminine’.
Questo stereotipo di genere appare ben documentato, soprattutto se teniamo conto dello scarso interesse delle fonti nel documentarlo (e quindi ‘a dispetto’ delle fonti). C'è in particolare una categoria di fonti che lo mostra in modo inequivocabile: la ceramica. Gli oggetti di ceramica, da vasi ai piatti, erano enormemente diffusi e molto spesso contenevano una figurazione. Erano dipinti con scene di vario tipo: mitologico, o di genere. Cioè di vita quotidiana. Fra cui, appunto, scene di lettura.
Persone che leggono.
Scene di lettura che hanno come protagoniste figure femminili sono molto frequenti, nell'Atene del V-IV sec. a.C., su pissidi e pelikai, cioè su vasi di uso cosmetico, ma anche (meno frequenti) su vasi a destinazione funeraria. Su questi anche figure maschili sono mostrate nell'atto di leggere: sono giovani o adolescenti.
Circostanza quest'ultima davvero illuminante! Che lega l’atto di leggere al tema della morte precoce, di giovani uomini, cui è stato impedito di ricoprire un ruolo di cittadino a tutti gli effetti all’interno della polis. Le donne invece, il cui prestigio sociale è irrilevante, 'leggono' - per così dire - per tutta la vita! Diversamente dai maschi adulti, per i quali vengono predilette ben altre attività, come la caccia o lo sport.
Dunque che sui vasi attici la categoria più rappresentata in relazione al libro è quella delle donne, ciò nonostante il silenzio delle fonti letterarie, quando non l’aperta condanna, circa l’educazione letteraria femminile. Le raffigurazioni frequenti di agoni musicali tra donne, con rotoli aperti in mano, in ambienti aperti come porticati, inducono a postulare l’esistenza di una, sia pur limitata, forma di educazione letteraria femminile, né manca l’attestazione vascolare di ‘scolarette’ con in mano le tavolette da scrittura. Anche in scene figurate complesse, di ‘vita quotidiana’ femminile, accanto agli strumenti musicali e agli utensili per la cosmesi, figurano sempre i libri, nella consueta forma di rotolo, talora contenuti in grandi casse.
Musica, cosmesi, lettura e scrittura sono parte integrante e 'iconica' della vita quotidiana femminile: almeno nell'immaginario dei pittori vascolari.
Le iscrizioni offrono dati altrettanto interessanti: su un kantaros proveniente da Tespie è graffita una dedica ad una tale Eucari, moglie di Eutetrifanto che accompagna il dono della coppa stessa. Nella dedica, il dedicatario invita la donna, “a bere smodatamente”. Si tratta di uno scherzo, che però lascia intendere come non problematica non solo la presenza della donna al simposio ma anche una sua cultura letteraria, senza la quale non avrebbe potuto leggere la dedica e coglierne la maliziosa allusività. Altre iscrizioni come il graffito di Eretria e e l’iscrizione greca delle necropoli di Osteria dell’Osa, risalente al VIII secolo e apposta su un vasetto appartenente a un corredo femminile vanno nella medesima direzione: cultura scrittoria femminile non problematizzata, pacifica.
Di queste pratiche di scrittura e lettura femminile, la cui documentazione si infittisce ad Atene, fra il V e il IV secolo, ma che non sembra sconosciuta al di fuori di Atene, Saffo sembra essere stata considerata – a torto o a ragione - una sorta di inventrice o patrona. Un grande valore in questo senso ha la celebre Hydria di Vari. Si tratta di una hydria - un vaso per liquidi - a figure rosse datata 440-430 a.C. conservata al Museo Archeologico Nazionale di Atene, attribuita al Gruppo di Polignoto, su cui è raffigurata Saffo - identificata dall’epigrafe nominale Σαππώς in caratteri maiuscoli - seduta su un klismos mentre legge da un rotolo di papiro: una donna è alle sue spalle; altre due figure femminili le stanno di fronte, la prima di esse tiene in mano una lira.
Un vaso meraviglioso e si straordinaria importanza!
L’hydria ci documenta la presenza delle pratiche di lettura e scrittura accanto ad altri ‘ingredienti’ di quella che sembra la “way of life” tipicamente saffica, come ricostruita in certi ambienti di Atene nel IV secolo: musica, libri, fanciulle, raffinatezza dell’ambientazione e dell’abbigliamento. Il rotolo reca scritto - visibile - l’incipit di un componimento che potrebbe essere un inno: Θεοί ἠερίων ἐπέων ἄρχομαι ἄλλων “déi, inizio gli altri aerei versi”. Un titolo che ha il compito di amplificare la solennità e ‘rispettabilità’ della scena. I bordi arrotolati del papiro, nella parte esterna, invece recano la iunctura omerica Επεα πτερόε[ν]τα, “parole alate”. L’iconografia dell’hydria di Vari è non è isolata come si è visto: si tratta invece di un modo abbastanza consueto di illustrare scene di vita quotidiana femminile: le donne sono generalmente mostrate in gruppi, spesso con una figura centrale seduta che suona uno strumento musicale, oppure esegue gesti legati alla lavorazione della lana, o sceglie gioielli o, occasionalmente, legge. Altre donne sostengono questa figura centrale, partecipando in qualche modo alla sua attività.
È interessante notare che questa iconografia è analoga a quella delle Muse, le dee ispiratrici delle arti, anch’esse impegnate in diverse attività, connesse con la musica e la lettura. In questo caso, l’ambientazione può diventare en plein air con la semplice aggiunta di un ramo.
Ma a cosa erano destinati i vasi con scene musicali o poetiche al femminile? Questa iconografia si presta a due differenti contesti, fra i quali quello legato al matrimonio: la donna seduta talvolta tiene in mano una corona, oppure uno scrigno, uno strumento musicale, uno specchio. Anche le figure di contorno portano eleganti contenitori, rotoli, lire, auloi, o gli astucci degli strumenti stessi. Fra le donne, può occasionalmente apparire un Eros alato con una corona in mano o in volo sulla figura seduta.
Si tratta probabilmente di festeggiamenti, o preparativi, o anticipazioni della vita al femminile.
Veniamo ad un altro gruppo di fonti, letterarie. Due titoli di commedie (i testi sono quasi del tutto perduti) sono molto interessanti: Σφίγξ (Sfinge) di Epicarmo e Κλεοβυλῖναι (Clobuline) di Cratino, di cui erano protagoniste un gruppo di donne, le Cleobuline, che proponevano enigmi ai loro pretendenti – un motivo folklorico ben attestato – in una sorta di agone. Della commedia di Cratino abbiamo pochi frammenti (fr. 92 à 101 K.-A.) dai quali si può ricostruire che la commedia aveva come protagonisti Cleobulo, uno sei Sette Saggi e sua figlia Cleobulina, un personaggio la cui consistenza storica è stata recentemente rivalutata. La figura di Cleobulina è molto interessante: Plutarco la inserisce come partecipante al Convivio dei Sette Sapienti e ne fa una figura di donna colta, arguta, brillante: a lei la tradizione attribuiva un indovinello non banale, ma ‘filosofico’.
Parlare per enigma era una prassi linguistica non estranea al simposio aristocratico. Giochi linguistici sono ben attestati nella poesia greca arcaica simposiale: veniva formulato un enigma o un indovinello (griphos) di cui non veniva data la soluzione, che restava meta-simposiale, legata alla situazione, agli oggetti, ai simposiasti stessi, alle loro eterìe. Era previsto anche un premio per chi li risolveva e una punizione per chi falliva. Tutto ciò ci porta a un contesto di competizione. In questo senso il simposio, almeno nelle sue fasi arcaiche, sembra essersi ispirato ad antiche situazioni agonistiche, in cui l'enigma è una gara di intelletto.”.
Ancor più interessante un frammento di Antifane, un commediografo la cui produzione si può collocare intorno al 380 a.C. e che scrisse una commedia intitolata Saffo, la cui trama aveva certamente a che fare con la scrittura. Dell’opera restano due frammenti: uno di questi consiste nella parola βιβλιογράφος (bibliografo) di cui ignoriamo il contesto ma che ben si inserisce in quanto detto fin qui; l’altro frammento, 194 K-A, rappresenta un dialogo fra Saffo e un'altra figura la cui identità non è possibile precisare.
A questo imprecisato personaggio, Saffo propone un enigma:
c’è un essere femminile che custodisce
nel suo mantello i suoi bambini che pur essendo senza voce emettono un grido
che risuona sulle onde del mare e sulla terraferma
per coloro fra i mortali che essi vogliono
Dopo un tentativo di soluzione, errato, fornito dall’interlocutore, la stessa Saffo (non prima di aver bruscamente rimbrottato l’inefficace solutore) risolve l’enigma.
Ed ecco la soluzione:
dunque, l’essere femminile è un’epistola
i bambini che porta dovunque sono le lettere
sebbene senza voce, essi parlano, se vogliono
a coloro che sono lontani; e se a qualcuno capita di essere
vicino ad uno che legge non sentirà.
Il ‘tema’ dell’indovinello è quindi la ‘lettera’.
Degna di nota la risposta errata fornita dall’interlocutore di Saffo: egli ritiene che l’essere femminile sia ‘la polis’ e i suoi figli i ‘retori’. Viste nel loro insieme, come sottolinea Paola Ceccarelli che se ne è occupata, le due soluzioni sono antonomasticamente legate ai due poeti di Lesbo: Saffo e Alceo e ne sintetizzano il tema ricorrente all’interno di stereotipi di genere: per l’uomo, sembra dire il nostro frammento, ogni gioco linguistico riconduce alla politica e al discorso orale, per la donna l’orizzonte è piuttosto quello del privato e della scrittura. Un tardo epigrammista, Dioscoride, riprende l'indovinello e lo mescola a dati biografici su Saffo: Saffo è la madre e i suoi scritti sono le ‘figlie’.
La rappresentazione di Saffo fornita da Antifane unisce in un medesima rappresentazione aspetti di Saffo che la tradizione preferisce tenere separati: nell’iconografia vascolare, noi troviamo ben distinte, da un lato, la sfera che attiene al griphos, al simposio, ma anche all’erotismo, in cui Saffo è spesso rappresentata in coppia con Alceo o con Anacreonte, con una serie di rimandi iconografici all’ebbrezza, alla sfrenatezza, allo stereotipo del poeta ‘orientale’; dall’altro, quella che rimanda al gineceo, alla competizione musicale a sfondo paideutico, alla lettura e alla scrittura, al culto, alle Muse. Il contenuto del griphos della Saffo di Antifane evoca questa dimensione ‘femminile’; ma la forma del griphos e il contesto della performance per cosi dire enigmistica evocano invece un mondo più tipicamente ‘maschile’.
Una figura come quella di Cleobulina ci fa intravedere quale potesse essere il modello di donna e di matrimonio cui tendeva l’educazione nella cerchia di Saffo: una donna istruita che potesse svolgere un ruolo anche ‘diplomatico’ – alcune delle relazioni diplomatiche fra le aristocrazie arcaiche dovevano passare per le relazioni matrimoniali – in cui mettere a frutto acume, prontezza di spirito, vivacità intellettuale, abilità nel canto e nell’ospitalità. Le occasioni conviviali dovevano essere affini al simposio maschile ma probabilmente potevano prevedere la presenza femminile, c'era forse un segmento del simposio che consentiva una partecipazione allargata a donne che non fossero etere o flautiste, sul modello del simposio dei Sette Saggi immaginato da Plutarco. Una delle attività di questo tipo di simposio poteva essere quella legata a giochi di società, indovinelli, ‘questioni’ protofilosofiche.
Ma, nell’ Atene del V e IV secolo, dove la diplomazia e la politica sono diventate pubbliche, queste doti politico-diplomatiche individuali e addirittura femminili risultavano necessariamente anacronistiche o incomprensibili, legate ad uno stile di vita in disuso. A ereditarle sembrano essere state figure come l’etera, con cui infatti spesso Saffo fu scambiata, contigue alle pratiche della prostituzione.
Parallelamente, la pratica della scrittura e lettura femminile devono aver subito un processo di banalizzazione, essere confinate nelle case, nei ginecei, sfrondate tematicamente fino alla monotematicità amorosa.